Cestui que vie – Costui che vive

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Il teatro delle finzioni giuridiche

Nobile uomo in carne ossa e sangue, che da qualche tempo leggi questi post, è giunto il tempo di ricapitolare e dimostrare che sei “costui che vive” (cestui que vie). Fino ad ora io e te abbiamo vagabondato, qua e là, nel teatro della vita “apparente” di evanescenti fantasmi, comunemente conosciuti come finzioni giuridiche. È il momento di capire a cosa è servito questo, di capire se la conoscenza può renderci un poco più liberi, o farci rimanere schiavi solo più depressi e oppressi.

Il tuo nome

Ancora una volta ti parlerò del tuo nome. Questo “tuo” nome con il tempo è sceso nella tua carne, nelle tue ossa e nel tuo sangue a tal punto che hai creduto di essere quel nome.

Certo è comodo perché così ci possiamo chiamare l’un l’altro con una sola parola invece di usare gesti, urla e segni come i nostri antenati primati. Tuttavia ti sarai accorto, in alcuni momenti della vita, che sentire quel nome ti ha fatto venire i brividi. Per esempio a scuola quando la maestra ti chiamava per una interrogazione, o al militare (per chi ha avuto ancora la disgrazia) quando il tuo nome veniva pronunciato per un ordine sgradito (tutti gli ordini lo sono in quanto tali) o una punizione. D’altra parte, pronunciato dalla tua amata, detto nome ti ha procurato un gran piacere.

La convenzione del nome

Tuttavia, tu, tu stesso hai, più sovente di quanto pensi, rotto la convenzione del nome. Ricordi come chiamavi tua mamma e tuo papà? Semplicemente mamma e papà, non Guglielmo e Samantha. Ti avrebbe messo a disagio chiamare tua mamma Samantha, non è vero? Mamma è un titolo davvero grande, forse il più grande che tu possa concepire, più grande persino di Dio. Infatti lei è stata il tuo dio per molto tempo, quando ancora non sapevi nulla di religione e di credenze.

Poi un giorno è arrivata la fidanzata, talvolta la moglie, che hai spesso scelto di chiamare “amore” e non Jessica, solo “amore”. Il tuo principale, invece, ha un nome comunissimo e riconosciuto universalmente: “lo stronzo”, mentre tua suocera è, e resterà per sempre, “la suocera” perché non merita neppure, come il principale, un nome.

Il nome indica, non qualifica

Quindi puoi capire da te che questo nome si colloca in una posizione di mezzo dove, da un lato ha dignità maggiore di “stronzo” e dall’altro ne ha meno di “amore”.

Da questi ragionamenti è evidente che questo nome è un appellativo apparentemente “impersonale” perché non qualifica il chiamato, lo indica soltanto.

È altresì evidente che se il tuo capo-ufficio è per te “lo stronzo”, per sua moglie è “amore” e per sua mamma “il mio tesoro”. Evidentemente costui è qualcuno che può indossare tutti questi appellativi senza essere alcuno di questi.

Il mio Tesoro

Per inciso ti faccio notare che c’è qualcuno che ha preso molto sul serio la parola “il mio tesoro”… e non è tua mamma! Di questo ne abbiamo già parlato quindi riporto solo un attimo la tua memoria alla definizione corporativa di “capitale umano“, dalla quale discende tutta la catena del processo di schiavizzazione.

La falsa identità

Ritornando alla questione del nome, ora hai capito che, nonostante tu lo abbia sentito ripetere infinite volte indirizzato a te, nonostante sia sceso nella tua carne, nelle tue ossa e nel tuo sangue, questa lenta discesa non è naturale ma un invisibile, lento e distorto processo di auto-apprendimento che ti ha portato a consolidare una falsa identità.

Bene, il fatto in sé pare innocuo, e in un mondo dove regna onore e onestà ti basterebbe ricordare che tu sei un uomo vivo in corpo vivente di carne, ossa e sangue per tornare sui tuoi passi e avvicinarti un poco di più a “chi o cosa tu sei realmente”. Purtroppo in questo mondo non è così. Così non è, perché molto prima che tu ti identificassi con il tuo nome, degli agenti dello STATO in cui vivi, molti inconsapevoli del loro agire, avevano già provveduto a cementare questa equazione di perfetta uguaglianza tra te e il tuo nome con l’atto di nascita del quale ho già scritto un po’ nel precedente post.

1^ Curiosità del giorno

A questo punto ti servo bella cotta la prima curiosità del giorno.
Lo sapevi che fino al 1871 erano i parroci a svolgere le funzioni di Ufficiale dello stato civile e che erano le parrocchie competenti alla conservazione dei registri dello stato civile?

Quindi agli agenti dello STATO dobbiamo anche aggiungere gli agenti o funzionari o ordinati della Chiesa. Questo è un tema che svilupperemo tra un po’.

Cessione della proprietà del nome

Stavo dicendo, pardon, scrivendo del fatto che tu, ancor prima di abituarti al tuo nome, tanto da crederti quel nome, avevi già sottoscritto un contratto nel quale dichiaravi di essere d’accordo a stabilire quella identità. Poiché un infante non scrive e non sottoscrive, al momento della tua venuta al mondo lo avevano fatto, per delega, i tuoi genitori in-vece tua con la dichiarazione di nascita.

Come ho già avuto modo di scrivere, questa identificazione con il tuo nome, attraverso il contratto di nascita, ha creato, tuttavia, anche un’altra condizione. Mi riferisco alla di cessione del nome al proprietario del registro, e data l’equazione di identità di cui sopra, anche la (potenziale) cessione del bambino al proprietario del registro.

Qui la cosa si fa complessa, per questo nella riga soprastante scrivo “potenziale”. Come sai, almeno in apparenza, la schiavitù è vietata in quasi ogni angolo del mondo. Non si poteva quindi registrare un neonato vivo, in corpo vivente di carne, ossa e sangue come una proprietà del comune di Vattelappésca della Repubblica Italiana. Invece, si poteva, e si può, registrare il nome di quel neonato. Per la proprietà transitiva, se quel neonato, crescendo e divenendo uomo, si identificherà sempre con quel nome, allora chi possiede quel nome ha il potere su quell’uomo.

La domanda fatale

Il dramma teatrale dello schiavo non finisce qui. Se con gli anni quella identificazione permane (cestui que vie act 1666), allora il regista di questo bel teatrino della vita da schiavo, che è un uomo (forse) molto riflessivo e attento, solleva una domanda la cui risposta è per te una vera rovina.

Poiché tu ti sei identificato in un nome, questo regista, che possiamo chiamare “lo STATO“, si chiede, giustamente: “Se costui è un nome dov’é l’uomo che detto nome indica? Qui innanzi a me compare solo un personaggio di nome Tizio”.

Ecco perché in tutti gli “ATTI” (non azioni) che hai fatto nella vita, il notaio o il pubblico ufficiale hanno sempre scritto che comparivi di fronte a loro e non che ci andavi con le tue gambine. Un nome non si può presentare da solo.

Cestui que vie Act

Giunti sin qui la necessità mi spinge a introdurre il Cestui Que Vie Act 1666. Si tratta di un atto, creato dalla Corona Inglese, anche (ci dicono) per ovviare al fatto che quando un nobile andava in guerra, si assentava perciò dalla patria nativa, le tasse che questi doveva alla monarchia erano sospese fino al suo ritorno. Molti di questi “cavalieri” non tornavano affatto e non si sapeva neppure se fossero defunti o ancora in viaggio, per mare, verso casa. Quelle proprietà quindi non rendevano più nulla ai monarchi che le avevano assegnate. Pertanto erano quindi possedute dalla così detta “mano morta”, che le tratteneva ma che non pagava tributi visto che era la mano di un cavaliere presumibilmente morto.

cestui que vie act -quartattenzione

La situazione si risolve, in parte, nel 1666 grazie al Cestui Que Vie Act che stabilisce un fatto: dopo 7 anni di assenza il cavaliere è, di fronte alla sentenza di una giuria, presunto morto. Quindi la proprietà ritorna alla corona.

Presunzione di morte

Ora che abbiamo concluso questo viaggio nel passato capisci bene perché il tuo atto di nascita è stato inviato alla Procura della Repubblica. Perché la Procura è proprio quel “tribunale”, in seno al Ministero del Pubblico (più conosciuto come Pubblico Ministero), dove viene stabilita, per presunzione, la tua morte visto che tu non ti sei presentato a dichiarare il contrario ma insisti nel ritenere di essere soltanto un nome di persona o una persona.
Fino a qualche tempo fa la Carta d’Identità, a suggello di tutto questo, veniva rilasciata al 15° anno di età, verosimilmente proprio per traguardare quel lasso di tempo che ti avrebbe permesso di ristabilire la tua vera posizione, quella di uomo vivo, in corpo vivente di carne, ossa e sangue sulla terra ferma e sul suolo.
Questa famigerata Carta d’Identità pare risalire, nella sua adozione, al lontano 1931, così come la regola del 15° anno di età, ed è (era) disciplinata dall’art 3 del Regio Decreto del 18 giugno 1931, n. 773 Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, modificato e integrato da leggi successive.

2^ curiosità del giorno

Eccoci arrivati alla seconda curiosità del giorno.
Il canone 11 del CODEX IURIS CANONICI, ovvero il codice di diritto canonico, stabilisce quanto segue: “Alle leggi puramente ecclesiastiche sono tenuti i battezzati nella Chiesa cattolica o in essa accolti, e che godono di sufficiente uso di ragione e, a meno che non sia disposto espressamente altro dal diritto, hanno compiuto il settimo anno di età“.

Guarda tu che coincidenza, uguale uguale ai sette anni del Cestui Que Vie Act 1666 il quale stabilisce che: “Cestui que vie remaining beyond Sea for Seven Years together and no Proof of their Lives, Judge in Action to direct a Verdict as though Cestui que vie were dead” che potremmo tradurre così: “rimanendo coloro che vivono al di là del mare per sette anni consecutivi, senza prova della loro esistenza in vita, il giudice emette un verdetto a mezzo del quale coloro che vivono furono morti.

Piccola Curiosità

Curiosità: se copi e incolli la frase in inglese di cui sopra in Google Translate, la traduzione sarà molto diversa poiché molte sono le parole scritte in maiuscolo che Google Translate considererà nomi propri. Strano vero? La frase di cui sopra risulta del tutto sconclusionata.

Il TRUST

Ma torniamo un attimo indietro nel tempo ai nostri amici cavalieri dispersi in mare o presunti morti. Questo Cestui Que Vie Act 1666 (nota il 666) era di fatto la contromisura usata dai reali per riappropriarsi delle terre che avevano soltanto “concesso” in affidamento ai nobili. I regnanti, in forza di quell’istituto che oggi chiamiamo TRUST, che in inglese vuol dire appunto fiducia, ne mantenevano la proprietà. Il Trust rappresentava la fiducia che il re dava ai suoi nobili nel concedere loro l’amministrazione e l’usufrutto delle terre in cambio di tributi e altri favori. Per maggiori informazioni sulla storia del TRUST vedi montereytrust.com.

La Magna Charta Libertatum

La Magna Carta, che è stata adottata dall’Inghilterra nel 1215, gettò le basi per la Trust Law come la conosciamo oggi ma richiese anche le contromisure del Cestui Que Vie Act, per ristabilire le proprietà reali e non solo.

Non ci allontaniamo dal vero quando immaginiamo questo meccanismo di affidamento reiterarsi anche all’interno della nobiltà stessa, specie tra quei cavalieri che per lungo tempo, come suddetto, si assentavano.

L’Atto di nascita potrebbe non essere esattamente un TRUST

Faccio questa digressione sul TRUST perché leggo spesso di associazioni tra il TRUST e l’atto di nascita e, sebbene si possano riscontrare alcune similitudini importanti tra questi, non mi sento di affermare che l’atto di nascita sia un TRUST. Infatti, il TRUST non è nato dal nulla nel diritto anglosassone per essere poi magicamente esportato qui per essere adottato negli atti di nascita, anzi, forse il contrario.

Dichiarazione di esistenza in vita e riappropriazione del nome

Però, prima che anche tu, il neonato, venga considerato disperso in questo post, faccio nuovamente un passo indietro e torno a parlare di te. Ci siamo lasciati al punto in cui, viene stabilita la tua identità con un nome. Questo tramite il meccanismo dell’atto di nascita, sottoscritto a tua insaputa dai tuoi genitori, per delega conferita senza consenso informato plenario. Un contratto che, solo per questi motivi è già nullo di fatto. Devi sapere che, dopo un certo tempo, se non vai dal proprietario del registro o da chi lo rappresenta, diciamo il Sindaco per ora e per semplicità, sei considerato morto. Però visto che pensi di essere la persona dal nome Tizio o Caio che sia, tutti ti tratteranno come un vivo ma non da uomo vivo.

Si presume che tu sia disperso (forse in mare, ma anche questa affermazione necessiterebbe di un un lungo “pippone”), quindi, per concludere questa prima parte del post, e se vogliamo rendere utili tutte queste informazioni, devi capire che il primo passo da fare è quello di dichiarare di essere vivo, di essere un uomo vivo in carne, ossa e sangue e che quel nome scritto all’anagrafe (che non sei tu) appartiene a te e non al registrante.

Conclusione…per ora

A questo punto se non sei già svenuto e stai ancora leggendo, ti avviso che devo lasciare due temi in sospeso, ovvero che cos’è la Magna Carta, perché è tanto importante e del pari da dove si è originata, e perché è il fondamento del moderno TRUST, e infine se questo TRUST è davvero tanto diverso dal mandato fiduciario.

Secondo Mario Ferrante…

Ti do un suggerimento di lettura. Secondo Mario Ferrante, vedi L’apporto del diritto canonico nella disciplina delle pie volontà fiduciarie testamentarie del diritto inglese, il concetto e la struttura giuridica del TRUST, nel diritto anglosassone della common law, deriva di sana pianta dal diritto canonico.

Riporto, per chiarezza quanto recitato nei CIC. Can. 1299 (Titolo IV Pie volontà in genere e pie fondazioni) – § 1. “Chi è in grado di disporre liberamente dei propri beni per diritto naturale e canonico, può lasciarli per cause pie sia con atto tra vivi sia con atto valevole in caso di morte.
Can. 1302 – § 1. “Chi riceve fiduciariamente dei beni per cause pie sia con atto tra vivi sia con testamento, deve informarne l’Ordinario, indicandogli tutti i beni anzidetti sia mobili sia immobili con gli oneri annessi; che se il donatore glielo avesse espressamente ed assolutamente proibito, non accetti la fiducia.

Nel prossimo post ti prometto di unire questi ultimi puntini. A presto.

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1 Response

  1. Lucrezia ha detto:

    cioé é praticamente il contrario di “Away From Keyboard”…..

    Apprezzo il parallellismo tra etimologia e diritto.

    Baci e abbracci

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