Il potere del nome

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Eccoci qui, identificati nel nostro nome e cognome. Nostro? Siamo sicuri? Vediamo di capirlo un poco per volta.

Sappiamo di aver ricevuto il nome dai nostri genitori e a quel tempo, quando lo pensarono per la prima volta, era solo una idea. Poi è diventato un suono udibile, poi un nome scritto e infine ne siamo stati investiti ufficial-mente.

Nato senza nome

Già, avete notato come il pensiero è sceso, di piano in piano, concretizzandosi? Sempre più giù fino a “raggiungere” il bambino “venuto alla luce”, nato, come tutti, senza nome? Senza nome, certo, si può vivere benissimo. Il nome, attributo tutt’altro che indispensabile all’essere vivente e all’uomo nello specifico, è una etichetta e per questo madre natura non ci provvede di tale “orpello”. Evitiamo però di sminuire l’importanza del nome! Anzi…!

Dichiarazione di intenti

Questo nome infatti è permeato dell’intento dei nostri genitori. E’ permeato del pensiero che a esso hanno associato quando siamo nati, quando ancora il nome era una idea nel loro campo mentale. Le aspirazioni, i desideri, i sogni che i genitori ripongono nel figlio, dove sono finiti? Allegati al quel nome! Dunque, il nome è una dichiarazione di intenti!

Certo all’inizio questo intento era racchiuso solo nell’immaginario dei genitori, ma nel fatidico momento della nascita tutto si compie in poche ore. Il bambino nasce e dalla mente della madre (e del padre) il nome viene manifestato in parola (all’inizio era il verbo… ). Ecco che il suono porta in essere quel pensiero. La vibrazione risuona nell’aria come una formula magica, intento verbalizzato e infine scritto, ovvero cristallizzato. I genitori, amorosi ma spesso inconsapevoli, poggiano lo sguardo sul corpo del “loro” bambino e questo sguardo indirizza la “MAGIA”. Ma questo atto magico passa presto di mano a loro insaputa, tramite l’atto di nascita.

In alto mare

In un attimo quel bambino è metaforicamente e simbolicamente precipitato nella stiva di una nave abbandonata in alto mare, abbandonato come una merce, i genitori sono divenuti “il dichiarante” (quello che in realtà è il padre) e un nome e cognome qualsiasi (quella che in realtà è la madre). Il resto è scontato, no? Sappiamo già chi vanta la proprietà del”‘atto di nascita”, atto magico a suggello di una nuova nascita, quella della persona fisica. Vero?

Questo subdolo atto è creato e registrato da quello che chiamiamo STATO. Il bambino avrà d’ora innanzi un nome deciso dai genitori ma subito “rubato” dall’ex corporazione/stato attraverso il processo di registrazione. Magica cristallizzazione del suono tramite la parola scritta.
Così, il “nostro” caro bambino avrà un futuro che potrebbe essere, alla meglio, una lontanissima parvenza dei “desiderata” dei genitori, se la magia di cristallizzazione operata dalla pretesa istituzione (ex STATO corporazione italiana) ha così stabilito. La restrizione, veto, controllo sulla possibilità di manifestare l’intento del nome è ora compiuta così che, l’intento del nostro attuale nome è TUTT’ALTRO CHE l’intento benevolo dei nostri genitori e ancor meno IL NOSTRO.

Cambiare nome per cambiare intento

Pensiamoci. Ecco perché mistici, religiosi, uomini di conoscenza decidono di cambiare nome a un certo punto del cammino di risveglio. Perché decidono di manifestare un nome che dichiari il proprio intento e non quello di altri. E’ un caso che ogni nuovo un Papa si da un nuovo nome appena salito in carica? Sarebbe interessante sapere di quali intenzioni è caricato tale nome di volta in volta. Francesco? intento di povertà per sé o per gli altri?

Io mi chiamo…?

La prossima volta che diremo “io mi chiamo Giovanni” pensiamoci, ricordiamo che stiamo facendo l’ennesima auto dichiarazione di appartenenza a un nome snaturato della sua essenza, ricevuto e quindi subito rubato sotto i nostri occhi di infanti. “Io mi chiamo”, quanta identificazione c’è in questa affermazione? E’ un caso che la lingua italiana preveda il “come ti chiami?” auto referenziato, in luogo del “quale è il tuo nome”?

In molte religioni ora come un tempo era proibito pronunciare il nome di dio, come in quella ebraica a esempio. “Colui che è” era il modo di parlare della divinità. In magia rituale sapere il nome di una persona vuol dire avere un potere su questa. Una coincidenza?

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